Perché, costituendo MindfulNetLife abbiamo scelto la forma della società benefit?
È una domanda che ci viene posta spesso e spesso chi la pone non ha nessuna idea di cosa significhi Società Benefit.
Ci viene chiesto se si tratta di una onlus, di una no-profit, di una associazione culturale.
Insomma di qualcosa che ha poco o nulla a che fare con il profitto, con l’Impresa (la maiuscola è volutamente ironica).
Dopo qualche scambio di parole vediamo i volti dei nostri interlocutori illuminarsi e iniziare a vedere che un altro modo è forse possibile.
Per carità, questo non succede sempre.
Ci sono anche persone che assumono una espressione scettica come chi si trovi di fronte ad un utopista o ad un sognatore che, presto, finirà sotto un ponte ad elemosinare un posto di lavoro vero.
Ma del resto ci capita di vedere le stesse reazioni polarizzate quando parliamo di gentilezza e leadership e quindi, un po’ ci siamo abituati. (la leadership gentile non è soltanto cortesia)
Ma veniamo al focus di questo articolo.
Perché costituire MindfulNetLife come società benefit e, soprattutto, di cosa si tratta?
Partiamo da un presupposto, pensiamo che tutti, anche coloro che vincono un premio Nobel, possano essere rimessi in discussione alla luce di una nuova e più profonda consapevolezza.
E quindi davanti alla frase di Milton Friedman secondo cui “Gli affari hanno una e una sola responsabilità sociale, quella di utilizzare le proprie risorse e svolgere attività destinate ad aumentare i profitti” abbiamo avuto sempre la sensazione di trovarci davanti a qualcosa che, nel lungo periodo, non potesse funzionare.
Davanti ad un concetto che tenesse conto solo degli interessi di una parte dell’umanità, di quella ricca della quale lo stesso Friedman faceva parte.
Eppure questo è stato il mantra che ha guidato per decenni il mondo degli affari in tutto l’emisfero occidentale del pianeta.
Con alcune limitate ed illuminate esperienze come quella di Adriano Olivetti in Italia presto espulse dal sistema e dimenticate.
E quindi il profitto a tutti i costi, ma davvero tutti.
Anche a costo di licenziare i dipendenti, anche se l’azienda va bene, per aumentare i margini diminuendo i costi, anche a costo di limitare al minimo le misure di sicurezza per produrre di più e più velocemente, anche a costo di distruggere ambiente e territori in nome di un illusorio benessere (per pochissimi) ed al costo di una reale distruzione (per moltissimi).
La situazione attuale, sia da un punto di vista economico che sociale che, non ultimo, ambientale dimostra ampiamente come questo modello sia fallimentare e come sia necessario ripensare tutto il sistema dalle fondamenta.
Senza però, come si dice, buttare con l’acqua sporca anche il bambino.
L’industria ed il profitto non rappresentano il diavolo, ma non devono più essere disgiunte da una forte idea, etica, della responsabilità sociale intesa nel senso di operare per il beneficio comune.
Siamo tutti legati l’uno agli altri, partecipiamo della stessa vita e di una unica umanità e il sola maniera per avere il benessere è fare in modo che lo possano avere tutti.
Ognuno agendo nel suo ambito e con le proprie possibilità.
Il nostro impegno
Per questo, quando abbiamo deciso di accantonare i nostri precedenti lavori per seguire e coltivare un progetto che fosse maggiormente in linea con i nostri valori profondi, dare al nostro sogno la forma di una Società Benefit è stata una necessità.
Come a dire che se un modello del genere non fosse già esistito avremmo dovuto occupaci di inventarlo.
Ci siamo resi conto che parte del disagio che provavamo nell’essere inseriti nel contesto economico dominante aveva le radici ben affondate nel condizionamento di ogni azione economica unicamente sulla base del profitto, condizionamento del quale, ognuno nel proprio ruolo, eravamo comunque un ingranaggio.
Ma come funziona una Società Benefit?
Si tratta di una società in tutto per tutto uguale al tipo societario prescelto, che sia una s.r.l., una s.p.a. o qualsiasi altro, ma che aggiunge nel proprio statuto, all’oggetto, un ulteriore scopo che è quello di utilità sociale.
I soci scelgono ed indicano in maniera concreta e specifica in quali ambiti vogliono che l’azione sociale si svolga e con quale tipo di attività.
E questo, per la Società Benefit diventa vincolante e pubblico e deve essere testimoniato ogni anno con una relazione di impatto da allegare al bilancio nella quale si renda conto (sul principio della accountability) con trasparenza, di quello che è stato fatto per mantenere l’impegno preso.
Per cui chi decide di finanziare la società, chi decide di diventarne partner a qualsiasi livello è consapevole della finalità, dello scopo, in una parola del purpose che la Società Benefit persegue.
Inoltre la vincolatività dello scopo tutela sia gli azionisti che gli amministratori da contestazioni o azioni di responsabilità per aver diminuito gli utili distraendo somme verso scopi di utilità sociale.
Un nuova idea di Utile
Ma, forse, perché il modello di Società Benefit diventi quello dominante andrebbe ripensato il concetto di Utile in ambito aziendale.
Secondo Wikipedia con “utile, in economia aziendale, si indica la differenza tra ricavi e costi di un’impresa. Se tale differenza è positiva viene comunemente chiamato profitto o surplus o avanzo, in caso contrario viene chiamato perdita o deficit o disavanzo”.
Ma se per raggiungere questo concetto, questo totem, causo disagio sociale, distruzione ambientale, non mi occupo del beneficio comune, posso continuare ancora a definirlo Utile?
La domanda è centrale perché porta con sé anche la tutela del concetto di utile nel senso espresso dalla economia aziendale, cioè di profitto.
Per avere un impatto sociale rilevante il profitto è necessario, fornisce le risorse che liberano le possibilità di intervento e questo include anche la remunerazione sostenibile delle energie e delle finanze investite nella impresa.
La nuova prospettiva sta in questo, che la utilità viene vista anche nel beneficio comune e quindi l’Utile di impresa è dato dalla somma del profitto e dell’impatto misurabilmente portato dalla Società Benefit.
E questo ci sembra essere davvero Utile: un utile Utile.
In realtà non è una novità, ma è più che altro un ritorno alla consapevolezza della interdipendenza fra esseri e ambiente: è una illusione pensare che gli elementi che costituiscono il bilancio possano essere solo quelli che misurano la capacità di generare profitto per l’individuo, l’utilità reale è quella che include anche la dimensione del benessere condiviso.
Lo stato dell’arte
Il modello delle Società Benefit nasce nel Maryland nel 2010 e l’Italia è stato il primo paese fuori dagli Stati Uniti ad adottarlo dal 1º gennaio 2016.
Le aziende che adottano il modello della Società Benefit non hanno alcun vantaggio o incentivo fiscale e questo garantisce, in un certo modo, la genuinità della motivazione.
Ad oggi, dopo solo sei anni dall’inserimento del modello nella nostro ordinamento le Società Benefit in Italia sono 926 (dati Infocamere aprile 2021) tra piccole, medie e grandi realtà.
È possibile trovare un elenco abbastanza aggiornato al seguente indirizzo https://www.societabenefit.net/elenco-delle-societa-benefit/
Limitarci ad essere una Società Benefit ci sembrava poco e, quindi, una delle prima attività che abbiamo posto in essere è stata quella di formarci presso il MIP sulle modalità per accompagnare altre realtà economiche alla transizione dal modello dominante ad uno che tenga conto e di prenda cura dell’impatto sociale dell’azione economica.
(Ti raccontiamo il Progetto MindfulNetLife)
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