Relazione e interdipendenza: oggi voglio proporti ancora una riflessione sulla centralità del significato di relazione nel nostro modo di esistere quotidiano.

Per fare questo introduco e uso una parola che amo particolarmente: Interdipendenza.

La Consapevolezza della Interdipendenza (ovvero la dipendenza reciproca che c’è fra tutte le persone e i fenomeni) penso sia il primo passo per comprendere l’importanza della Relazione nel nostro concreto quotidiano.

Proprio l’interdipendenza ci permette di comprendere come la relazione non sia solo qualcosa di “carino o utile” per le individualità ma come rappresenti la natura stessa del nostro modo di esistere.

Spiegare l’interdipendenza

Ma per spiegarvi meglio vi leggo degli spunti trattiva alcuni testi che collegano gli espetti filosofici ma aspetti leati alla fisica moderna fisici di questo argomento.

Partiamo dalle sagge parole di Tich Nath Han dai suoi libri “Essere Pace” e “l’altra riva del fiume”

Un poeta, guardando questa pagina, si accorge subito che dentro c’è una nuvola. Senza la nuvola, non c’è pioggia; senza pioggia, gli alberi non crescono; e senza alberi, non possiamo fare la carta. La nuvola è indispensabile all’esistenza della carta. Se c’è questo foglio di carta, è perché c’è anche la nuvola. Possiamo allora dire che la nuvola e la carta inter-sono. ‘Interessere’ non è ancora riportato dai dizionari, ma, unendo il prefisso ‘inter’ e il verbo ‘essere’, otteniamo una nuova parola: inter-essere. Nessuna nuvola, nessuna carta: per questo diciamo che la nuvola e il foglio inter-sono

“Essere’ è in realtà inter-essere: per questo dovrebbe trovarsi nei dizionari. Non potete essere solo in virtù di voi stessi, dovete inter-essere con ogni altra cosa. Questa pagina è, perché tutte le altre cose sono.

Guardando le cose in questo modo ci rendiamo conto che il foglio di carta è composto interamente di elementi di “non-carta”, e che se dovessimo restituire alla fonte uno qualunque di questi elementi non cartacei la carta non ci sarebbe proprio.

Essere pace / L’altra riva del fiume – Thich Nhat Hanh

 

Tich Nath Han era un monaco zen vietnamita che ha lasciato il suo corpo di recente e che fu impegnato sempre molto attivamente per la pace fin dal conflitto in vietnam.

Ecco, Le sue semplici parole penso riescano a riportaci delle immagini molto efficaci per aiutarci a comprendere Interdipendenza senza troppe spiegazioni complicate. La leggerezza e profondità delle sue parole poetiche era una delle sue caratteristiche che lo ha aiutato molto nella possibilità di fare comprendere in occidente i concetti della filosofia buddista.

La filosofia Buddista

Noterai che molto spesso farò riferimento ad elementi e concetti che arrivano dalla filosofia Buddista, questo perché il mio percorso di approfondimento e studio mi ha portato a incontrare il desiderio di contattare le radici dietro agli aspetti funzionali ma marginali che abbiamo a disposizione generalmente in occidente legati alla mindfulness. Queste radici affondano nella filosofia e tradizione buddista. (puoi leggere anche : le parole sono importanti)

 

La mindfulness è proprio è uno dei mezzi abili che incontreremo e che supportano lì allenamento della consapevolezza che ho introdotto in precedenza insieme al dialogo.

Tratterò la mindfulness appunto ricongiungendo le pratiche di consapevolezza note genericamente in occidente, anche con lo scopo e il significato originario di queste non solo legato alla importante possibilità di trovare equilibrio e gestire lo stress, ad esempio, ma è anche per favorire lo sviluppo di un percorso evolutivo interiore della persona e del gruppo: questa si chiama deep mindfulness. (ecco cos’è la Mindfulness e la Deep Mindfulness)

Interdipendenza e meccanica quantistica

La seconda lettura che vi porto, tocca il tema dell’interdipendenza nelle ultime evoluzione degli studi sulla fisica quntistica.

Questi pezzi sono tratti dal libo Helgoleand di Carlo Rovelli (un fisico e divulgatore contemporaneo)

“La teoria dei quanti descrive il manifestarsi delle cose l’una all’altra. La scoperta della teoria dei quanti, io credo, è la scoperta che le proprietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre. Esistono solo nell’interazione con altre cose. La teoria dei quanti è la teoria di come le cose si influenzano e questa è la migliore descrizione della natura di cui disponiamo oggi. È un’idea semplice, ma ha due conseguenze radicali, che aprono lo spazio concettuale necessario per capire i quanti. Niente interazione, niente proprietà”

Prosegue poi  in un altro punto

“ Così rivista, l’osservazione di Bohr cattura la scoperta alla base della teoria: l’impossibilità di separare le proprietà di un oggetto dalle interazioni dove queste proprietà si manifestano, e dagli oggetti a cui si manifestano. Le caratteristiche di un oggetto sono il modo in cui esso agisce su altri oggetti. L’oggetto stesso non è che un insieme di interazioni su altri oggetti. La realtà è questa rete di interazioni, al di fuori della quale non si capisce neppure di cosa staremmo parlando. Invece di vedere il mondo fisico come un insieme di oggetti con proprietà definite, la teoria dei quanti ci invita a vedere il mondo fisico come una rete di relazioni di cui gli oggetti sono i nodi”

E poi

Il mondo si frantuma in un gioco di punti di vista, che non ammette un’unica visione globale. È un mondo di prospettive, di manifestazioni, non di entità con proprietà definite o fatti univoci. Le proprietà non vivono sugli oggetti, sono ponti fra oggetti. Gli oggetti sono tali solo in un contesto, cioè solo rispetto ad altri oggetti, sono nodi dove si allacciano ponti. Il mondo è un gioco prospettico, come di specchi che esistono solo nel riflesso di uno nell’altro.

Un giorno poi mi sono imbattuto in un testo che mi ha lasciato stupefatto, (..) Non ci sono arrivato per caso: mi era successo ripetutamente, parlando di quanti e della loro natura relazionale, di parlare con persone che mi dicevano: «Hai letto Nāgārjuna?».

Nāgārjuna è vissuto nel II secolo. Sul suo testo esistono innumerevoli commenti e si sono stratificate interpretazioni ed esegesi. L’interesse dei testi così antichi è proprio la stratificazione di letture che ce li consegna arricchiti di livelli di significato. Quello che ci interessa davvero dei testi antichi non è cosa volesse inizialmente dire l’autore: è quello che il testo può suggerire oggi a noi. La tesi centrale del libro di Nāgārjuna è semplicemente che non ci sono cose che hanno esistenza in sé, indipendentemente da altro. La risonanza con la meccanica quantistica è immediata. Ovviamente Nāgārjuna non sapeva e non poteva sapere nulla di quanti, non è questo il punto. Il punto è che i filosofi ci offrono modi originali di pensare il mondo, e noi possiamo servircene se ci risultano utili. La prospettiva che offre Nāgārjuna ci rende forse un po’ più facile pensare il mondo dei quanti. Se nulla ha esistenza in sé, tutto esiste solo in dipendenza da qualcosa d’altro, in relazione a qualcosa d’altro. Il termine tecnico usato da Nāgārjuna per descrivere la mancanza di esistenza indi pendente è «vacuità» (śūnyatā): le cose sono «vuote» nel senso che non hanno realtà autonoma, esistono grazie a, in funzione di, rispetto a, dalla prospettiva di qualcosa d’altro.

L’importanza di relazione e Interdipendenza

Da più fonti arrivi il messaggio che la relazione non è solo quella cosa carina che ci serve per stare insieme. L’interdipendenza è il tessuto , la rete di interazioni sulla quale basiamo la nostra esistenza e all’interno della quale ci definiamo e definiamo le cose che ci circondano.

Da moltissimi anni ormai si sono aperti tavoli di collaboazione e ricerca che uniscono gli aspetti delle pratiche contemplative e fiilosofice con le neuroscienze e anche con la fisica.

Filosofia e scienza trovano punti di contatto molto stretti come in questo caso e non mi stupisce il fatto che certe forti risonanze abbiamo al tempo stesso dei riscontri concreti e quotidiani. L’interdipendenza la sperimentiamo ogni giorno nella necessità di confrontarci con gli altri e con l’ambiente per rispondere ai nostri bisogni (e viceversa)

Unire filosofia e pratica: si può

Ma in fondo anche questa è Relazione consapevole: quella da recuperare nel nostro fare quotidiano la connessione fra pratica e filosofia , fra razionale e non razionale.

Non c’è competizione, semplicemente si completano nella nostra esperienza complessiva. Ma sicuramente abbiamo poca familiarità a farli convivere, per diversi motivi.

Penso debba  esserci  sempre connessione sui diversi piani di significato perché tutti ci appartengono e quando mi sento dire si ma bisogna essere pratici, concreti (quasi con un po’ di timore spesso di dover avere a che fare con altri piani non abituali)

  • Beh, innanzitutto chiedo perché un piano dovrebbe escludere l’altro ? (se vengono presidiati entrambi con professionalità e responsabilità)

Poi, sempre molto concretamente chiedo:

  • Ma come è possibile agire concretamente senza essere connessi al significato di ciò che facciamo ?
  • Al Tempo stesso chiedo come è possibile generare un sistema di significato  ( la propria filosofia) senza connettersi alla concretezza della quotidianità

Questi due aspetti sono interdipendenti

La Relazione Consapevole ci aiuta anche a muoverci senza posizioni drastiche fra le diverse dimensioni di esperienza che viviamo.

Bene anche per oggi ci fermiamo qui.

Rimaniamo in contatto

Come sempre, se questo Argomento ti interessa puoi

_________________________________________________

MindfulNetLife Life facilita processi di relazione consapevole nelle organizzazioni .

Ci prendiamo Cura della Relazione, il fattore più importante per trasformare concretamente il tuo Purpose in Impatto

Restituisci alla tua organizzazione la dimensione di comunità, fatta di individui responsabili e abili nella co-creazione di un contesto relazionare sano ed efficace.

CONTATTACI