Se pensi che comunicazione empatica o non violenta siano solo modalità “cortesi e carine” di rivolgersi alle persone giustificando così la tua aggressività, ti consiglio di approfondire meglio. La comunicazione empatica non è “carina”

Questo tipo di comunicazioni si basano su elementi che affondano nelle radici umane più profonde.

🔸 Essere abili nel riconoscere e comunicare le proprie emozioni e di assumermene la responsabilità senza scaricarla sugli altri.

🔸 Scegliere sempre la non violenza (verbale o fisica) senza sottovalutare l’impatto sugli altri

🔸 Essere assertivi condividendo chiaramente e lucidamente le proprie richieste concrete connesse ai propri bisogni.

🔸 Ascoltare in modo profondo riconoscendo e rispettando i bisogni propri e dell’altro.

🔸 È una scelta di congruenza nel condividere trasparentemente bisogni e sensazioni.

🔸 Sono comunicazioni basate sui fatti e non su pregiudizi, interpretazioni o sulle istanze generate dal rimanere incastrati nelle esplosioni emotive.

E chi ha detto che essere gentili significa non litigare, non arrabbiarsi, non alzare la voce ?
I comportamenti di superficie, falsi e manipolatori fanno parte dei comportamenti violenti, non certo di quelli autenticamente gentili.

In un processo di Dialogo basato sul rispetto, e il desiderio di creare un significato comune, la dinamica del dibattito può essere anche molto accesa e direttiva. Ma mai violenta.

Fatta questa premessa e se sei abituato a confrontare il tuo modo violento è aggressivo di comunicare, per convenienza, solo col “garbo”,

prova a raccontarti ancora:

🔸che la tua incontenibile aggressività “è necessaria” e non si tratta magari della frustrazione (che riguarda solo te) in quella situazione e che scegli di usare contro gli altri.

🔸che “tu sai quello che ci vuole al tuo team” e che “ha bisogno di essere spronato” senza sapere di stare assecondando modalità paternalistiche che de-responsabilizzano ulteriormente un gruppo.

🔸che è la tua scelta consapevole di leadership invece della paura di ammettere e affrontare la (lecita) difficoltà a creare un contesto relazionale sano e partecipato.

🔸che “sono gli altri la causa” senza assumerti la responsabilità delle tue emozioni.

E mentre sorridi con la coda della bocca (l”ho fatto anche io per anni) e ti pasci del fatto che il tuo team, gestito attraverso comunicazione violenta funziona,

prova a pensare che:

🔸certo, le persone fortunatamente attivano meccanismi di protezione ai tuoi comportamenti cercando di limitare i danni che generi (ma non tutti purtroppo) ma questo genera fatica, consuma, e limita il potenziale.

🔸 le persone vivono in un contesto relazione insicuro e tu ne sei responsabile.

🔸 come curi la tua comunità influenza la società.

Nessuno è santo e le emozioni giocano scherzi a tutti (a me di sicuro, nonostante da anni su di me a questi temi) ma il punto è: cosa stai facendo e in quale direzione stai camminando?

Il primo passo per gli altri è lavorare su di sé.

La comunicazione empatica non è carina

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